Chi è Ileana?
Fin da bambina sono stata affascinata da due cose: la storia – e, soprattutto, la storia medioevale – e l’arte. Entrambe indissolubilmente legate (non è possibile comprendere l’arte senza contestualizzarla storicamente); entrambe si esprimono attraverso i simboli e proprio nello studio dei simboli ho trovato la perfetta sintesi tra questi due mondi.
Ma partiamo dall’inizio della mia storia, di artista e studiosa. Ho sempre apprezzato, quelle che sono erroneamente definite “arti minori”: elaborazioni creative di oggetti del quotidiano, per questo meno eclatanti, ma più “vissute”.
Trasformare oggetti di uso comune, facendone mutare l’essenza, in produzioni artistiche uniche, che si leghino al passato nello stile, ma fortemente ancorate al presente nelle tecniche e, spesso, anche nelle forme, è stato, fin da subito, il mio obbiettivo. Mi sono formata nell’atelier comasco dell’artista Gianfranca Manoukian, che mi ha insegnato l’amore e il rispetto per l’arte della decorazione della ceramica, che non deve mai essere “copiata” da modelli storici, ma rielaborata secondo i gusti e la creatività personali, mantenendo, comunque, saldi i canoni artistici dell’epoca di riferimento. Dapprima l’arte orientale, poi quella europea dal XVI al XVIII secolo… le mie creazioni prendevano forma, utilizzando supporti di porcellana e maiolica. Ogni pezzo era, ed è, unico: l’artista è un visionario, davanti all’oggetto bianco (che sia esso un vaso o una tela), vede, o forse, meglio, sente, ciò che lo farà vivere, la pittura che gli darà un’anima.
Sono seguite le mostre e l’insegnamento. Considero un grande privilegio trasmettere ad altri ciò che, in trent’anni di attività, ho acquisito. Ho scritto, per questo motivo, un libro “Dipingere e decorare la ceramica” per la De Vecchi Editore di Milano (purtroppo, ormai, fuori catalogo), dove affronto l’argomento dal punto di vista storico, oltre che tecnico.
Parallelamente alla mia crescita come decoratrice, ho sviluppato sempre più, l’interesse per i simboli, che ho concretizzato con una laurea in Scienze dei Beni e delle Attività Culturali, conseguita a Como, con una tesi sul significato simbolico del Labirinto. Da allora mi occupo, accanto alla mia attività di decoratrice, di studi sui simboli, in ambiti, però, ancora poco esplorati, dove la ricerca può darmi maggiori soddisfazioni.
Perché il simbolo?
Anche se non ce ne rendiamo conto, la nostra esistenza è costellata di simboli!
La definizione enciclopedica di simbolo, cita: “Oggetto atto a suscitare nella mente un’idea o un significato diversi da quelli corrispondenti al suo immediato aspetto sensibile”. Sicuramente vero ma, a mio parere, fuorviante rispetto a ciò che realmente è un simbolo. Anche un cartello stradale – a questa stregua – può essere considerato un simbolo ma, a mio parere, esso è semplicemente un segno, cioè qualcosa che ci indica ciò che dobbiamo fare. Ecco… qui sta la differenza sostanziale: il segno ha a che fare con l’indicare, il simbolo con il sentire. Il significato del simbolo non viene mai “deciso a tavolino”, ma cresce con l’uomo, con la sua storia, in senso lato, sia come genere umano che singolo individuo: pensiamo ai simboli religiosi, politici, al simbolismo nell’arte, alle raffigurazioni alchemiche, traboccanti di simbologie; oppure a ciò che costituisce simbolo nella nostra storia personale: il dono di una persona cara, un oggetto legato alla nostra infanzia o ad un evento particolare.
Proprio il fatto di essere legato al sentimento, fa sì che il significato del simbolo possa mutare nel tempo e ribaltarsi totalmente da positivo in negativo e viceversa: il simbolo è enantidromico. Consideriamo banalmente il piano personale: il dono di una persona cara, simbolo del nostro reciproco affetto, muterà totalmente significato con il mutare – in senso negativo – del nostro sentimento.
Il simbolo è, quindi, dinamico e ciò rende il suo studio ancor più affascinante:
ricercarne il significato originale per risalire, nella storia, a quello attuale, è un cammino che mi gratifica sempre moltissimo.
Per questo mi dedico da tempo allo studio dei simboli, ricercandoli, soprattutto, laddove sono meno evidenti.
I miei luoghi
IL LUOGO DELL’ANIMA E IL LUOGO DELLA MENTE
Il luogo dell’anima
I rapporti che creiamo con i luoghi appartengono, quasi sempre, alla sfera della coscienza.
Vi sono luoghi del cuore, nei quali sono nate e si sono sviluppate le nostre relazioni affettive e sociali; spesso si tratta dei luoghi natii, o di quelli dove siamo cresciuti. Ci sono, poi, i luoghi della mente, quelli che stimolano la nostra crescita intellettuale o professionale e che, per molti, ma non per tutti, coincidono con i luoghi del cuore. In ogni caso siamo consapevoli di ciò che ci lega ad un posto e lo amiamo per quello.
Esistono, però, luoghi verso i quali sentiamo legami profondi ed istintivi che esulano dalla sfera della consapevolezza ed affondano le loro radici nell’inconscio. Spesso non sono i luoghi che hanno assistito all’evolversi della nostra vita, ma che noi eleggiamo a “nostri” proprio in virtù di ciò che ci trasmettono: sono i luoghi dell’anima.
Il mio luogo dell’anima è un’isola: un’isola antica e bellissima, alla quale occorre avvicinarsi in silenzio, senza disturbare, come ospiti discreti. Gli dei, i giganti e le janas – le fate – abitano ancora qui, si specchiano in un mare che, prima cristallino, poi turchese, infine azzurro e blu intenso, abbraccia la loro terra; si nascondono in questi paesaggi ancestrali, tra le rocce scolpite ad arte dal dio del vento, sulle montagne dalle cime frastagliate, come se la mano di un gigante ne avesse modellato i contorni, per renderli ancora più suggestivi quando il carro del sole sparisce alle loro spalle, dipingendo le montagne di nero e stagliandole su di uno sfondo rosso fuoco. Lontano dalle coste, nell’interno dell’isola, gli dei dormono indisturbati: il silenzio culla il loro sonno, quel silenzio che non è assenza di suoni, ma suono esso stesso: il suono dell’eternità, che annulla ogni concetto spazio-temporale e rende il piccolo uomo parte dell’infinito. Sorride la Grande Madre guardando la sua Isola ed io, che ho il privilegio di muovere su di essa i miei passi e di nuotare nel suo mare, gioisco con Lei, nel mio luogo dell’anima: la Sardegna, confine oltre il quale mi abbandono all’eternità.
Un prezioso scrigno conserva, nel cuore dell’Italia, il ricordo del nostro Medioevo: l’Umbria.
Se escludiamo i pochi “ scempi architettonici ” – fortunatamente rari e concentrati sul territorio – il resto della regione concede, a chi la vive o solo la visita, un continuo e magico ritorno ai secoli passati. Passeggiando per i vicoli di Spoleto o nelle magnifiche piazze di Perugia o Todi, non si può non subire il fascino di un’epoca che – pur con le sue innegabili iniquità sociali – ha donato all’umanità opere artistiche d’immenso valore: 1000 anni che rappresentano l’anima medioevale dell’Umbria.
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