Il labirinto, presente nella storia dell’uomo da circa 4000 anni, può essere ritenuto, a buona ragione, una figura archetipica – nel senso Junghiano del termine – cioè, un’immagine primordiale, parte dell’inconscio collettivo, che si manifesta attraverso i simboli. Compierne il percorso aveva, nel mondo pagano, un significato apotropaico (aveva lo scopo di allontanare le influenze maligne) divenuto, nei secoli, una sorta di ponte tra realtà fisica e metafisica, tra ragione e fede e tra luce ed ombra. Durante il Medioevo, il labirinto percorribile assunse, all’interno delle cattedrali gotiche, una diversa valenza simbolica, trasformandosi da simbolo pagano a simbolo cristiano (o forse, come vedremo, integrando l’uno nell’altro). Tale valenza non è comprensibile se non alla luce del particolare momento storico: “per l’uomo medioevale, ciò che noi siamo soliti chiamare simbolo, è la sola definizione obiettivamente valida della realtà” (Otto Von Simson). In epoca medioevale, percorrere il labirinto, trasformava un’esperienza fisica in un momento di elevazione spirituale. Il tipo di labirinto “unicursale” – un’unica via percorribile – era il più rappresentato e mostrava una sola via d’uscita (quella dettata dalla religione), spesso con l’intento di compiere un percorso “penitenziale”, quindi “salvifico” (poteva sostituire il viaggio in Terrasanta per coloro che non avevano modo di recarvisi), anche se questo non era sicuramente l’unico motivo che ne agevolò la costruzione. Altre potevano essere state le motivazioni che portarono alla costruzione dei labirinti nelle grandi cattedrali gotiche, tra cui, forse, la più avvalorata è quella di un percorso iniziatico che non avviene solo per mezzo di una spinta alla trascendenza, ma anche per mezzo della ragione e attraverso la conoscenza del bene e del male. Il labirinto come immagine di un mondo complesso, ricco di insidie che, attraverso il percorso, simbolicamente si impara da affrontare e superare, per uscirne elevati rispetto alla situazione iniziale. La presenza dei labirinti all’interno delle chiese ha, spesso, fatto propendere per una spiegazione in senso teologico, ma, forse, il loro senso va anche ricercato in un cristianesimo che si incontra con una cultura che ha le sue radici nei ricordi di un mondo pagano, dove la cristianizzazione è un fatto relativamente recente e dove vi è ancora l’eco di un politeismo naturalistico. Nel nord della Francia i labirinti hanno, infatti, una sorprendente corrispondenza con i turf–mazes – sia come dimensioni che come tracciato – i labirinti su prato inglesi (vedi appendice all’articolo). L’elemento decorativo naturalistico, meglio, come in questo caso, vegetale, si propone anche nella cattedrale stessa: il suo interno può essere paragonato all’immagine di una selva, dove le colonne rappresentano alberi altissimi le cui fronde formano le ogive degli archi. Considerando la distribuzione geografica dei labirinti percorribili nelle cattedrali (tutti nel nord della Francia, il più importante è, sicuramente, quello della cattedrale di Chartres) è facile supporre che il significato religioso si sia unito a quello pagano delle popolazioni del nord Europa. Il bosco, per questi popoli, rappresentava il luogo sacro per eccellenza, ove celebrare i loro riti. Grande contributo all’architettura delle cattedrali gotiche fu dato – al di là delle probabili commistioni tra cristianesimo e paganesimo – anche dall’applicazione del pensiero dei filosofi scolastici e dagli insegnamenti delle sette arti liberali impartiti nelle scuole delle cattedrali: le materie del trivio (dialettica, grammatica e retorica) e del quadrivio (matematica, geometria, musica e astronomia). mentre le pareti massicce delle chiese romaniche volevano evidenziare la netta distinzione tra fede e ragione, tra ciò che stava “dentro” (lo spirito) e ciò che stava “fuori” (il mondo materiale); le cattedrali esprimono, attraverso il principio della trasparenza ( la cui massima espressione sono le vetrate), l’idea scolastica di compenetrazione tra fede e ragione. In questa luce, quindi, dobbiamo anche considerare i grandi labirinti percorribili: la ricerca che l’uomo conduce, muovendosi nel labirinto, non porta solo alla trascendenza, ma anche a mettersi in relazione con l’esterno, con la realtà… e ciò comporta inevitabilmente all’uso della ragione.

Le vetrate (una delle grandi innovazioni del gotico), sono la massima esaltazione della luce. la luce è intesa come elemento di mediazione tra ciò che è immateriale e ciò che è materiale. È il principio creativo presente in tutte le cose: lo sviluppo e la crescita di tutti gli organismi sulla terra, dipendono da essa. Per l’uomo medioevale, quindi, la luce aveva la profonda valenza simbolica di principio d’ordine. Ma la luce ha anche il suo opposto: la tenebra. I due principi di bene e male tornano a manifestarsi all’interno della cattedrale e si ribaltano, specularmente, sul labirinto. Il labirinto era, infatti, sempre posto in corrispondenza del portale occidentale e, se lo si immagina ribaltato verso l’alto, corrisponde al rosone occidentale, spesso anche nelle proporzioni (come nella cattedrale di Chartres). Anche il cromatismo, nelle vetrate, è fortemente simbolico. I colori predominanti sono il rosso e il blu, rispettivamente emblematici della terra e del cielo; si evidenzia, ancora una volta, la funzione di mediazione fra questi due elementi.

Al centro del labirinto di Chartres si trova il motivo della “rosa”, motivo ripetuto in quasi tutte le vetrate delle cattedrali gotiche. La rosa simboleggia il cosmo e l’amore e, se consideriamo questo emblema alla luce dell’arte religiosa medioevale, emerge il suo rapporto con la Vergine Maria (spesso rappresentata circondata da rose), alla quale è dedicato il rosario, preghiera caratterizzata da una serie di ripetizioni. È proprio il rosario che ci ricongiunge con l’Oriente, poiché, molto probabilmente, si rifà al mala indiano che, dall’India, giunse agli Arabi ed, in seguito, portato in occidente dai crociati, è divenuto il nostro rosario. La ritmicità della preghiera del rosario ricorda i “mulini di preghiera” tibetani. Lo scopo di queste forme di preghiera è quello di estraniare l’intelletto, distaccandolo dal mondo della sensibilità materiale, portando così l’uomo all’esperienza dell’unione con Dio. Il rosario della Vergine maria, quindi, come elemento di unione tra l’uomo e Dio. Maria è infatti considerata il simbolo dell’amore e dell’armonia cosmica, non solo dai cristiani, ma anche dai Sufi islamici. È come un fiore che si apre e si dona. Anche Dante diede – nella Divina Commedia – la forma di una rosa al Paradiso, simbolo di unità con Dio. Per gli alchimisti la rosa era il “fiore dei sapienti” e parlavano di un “roseto filosofico”, il Rosarium Philosophorum. L’alchimia non fu estranea alle grandi cattedrali: il rosone sulla facciata nord di Notre Dame a Parigi è detto proprio “Rosa degli Alchimisti” e altre immagini alchemiche sono presenti nella cattedrale…ma di questo parlerò in altra occasione.
Il numero otto
I labirinti pavimentali, costruiti nella Francia del nord a partire dal XII secolo, avevano diametri notevoli (tra i 10 e i 12 metri) e venivano costruiti con lastre di pietra bianche e nere (emblema di luce ed ombra). Le loro forme, però, non furono solo circolari, ma anche ottagonali. L’ottagono, come il cerchio, non sono state certo scelte casuali per i costruttori medioevali. L’ottagono è, infatti, figura di mediazione tra la terra ( quadrato ) ed il cielo ( cerchio ), cioè tra uomo e Dio. Un esempio importante del significato del numero otto nell’architettura medioevale è rappresentato dal Castel del Monte, la fortezza voluta da Federico II nel XIII secolo. La costruzione presenta una pianta ottagonale, circondata da otto torri ottagonali, con otto sale al piano inferiore e otto al piano superiore, con un cortile interno ed una vasca, entrambe ottagonali.
Le Trojaburg e i Turf-Mazes
Le Trojaburg sono labirinti formati da pietre e costruiti, prevalentemente, nei paesi Scandinavi, in luoghi aperti ed in prossimità di coste o su isole, risalenti all’Alto Medioevo o ad epoche precedenti. Ma qual era il loro significato? Molto probabilmente avevano lo scopo di propiziare magicamente al pesca. Un rito pagano che si svolgeva all’interno dei labirinti di sassi era la “danza della vergine”. Erano danze che celebravano il ritorno della Primavera, legate alla rinascita della natura. La prossimità di questi labirinti a tombe preistoriche fa supporre anche un loro legame con riti funerari. Purtroppo la mancanza di fonti certe ci relega al campo delle ipotesi. L’Inghilterra non conobbe la diffusione dei labirinti nelle cattedrali, ma colmò questa lacuna con i turf-mazes, labirinti di erba. La forma e le dimensioni dei labirinti su erba inglesi coincidono perfettamente con quelle dei labirinti di Chartres e Reims. Inoltre i turf-mazes, sorgevano in prossimità di chiese o monasteri. Questi tracciati “cristianizzati” probabilmente, in epoche più remote, svolsero la stessa funzione apotropaica delle trojaburg scandinave e furono trasformati in senso cristiano a partire dal XII secolo.