Per l’uomo medioevale ciò che ha un valore simbolico è reale. La realtà si esprimeva attraverso i simboli che svolgevano – soprattutto nell’arte religiosa – una funzione “didattica”.
Se l’iconologia spiega – a noi, donne e uomini del XXI secolo – il significato simbolico e allegorico delle immagini raffigurate negli splendidi affreschi delle chiese medioevali, per i fedeli dell’epoca, questa spiegazione non era necessaria. Colui che, nel 1200, osservava una parete affrescata, ne comprendeva anche i simbolismi che a noi appaiono celati.
Questa era, in un contesto sociale caratterizzato da un forte analfabetismo e, comunque, prima della diffusione della stampa, la funzione “didattica” dell’ immagine nel medioevo, soprattutto in un contesto religioso: una sorta di “catechismo” dipinto o scolpito.

La facciata della chiesa di San Pietro, a Spoleto – uno dei più importanti edifici religiosi dell’Umbria – è un chiaro esempio di quanto detto.
Accennerò solo brevemente alla chiesa, per soffermarmi sui significati simbolici dei meravigliosi bassorilievi della facciata, databili tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII, che rappresentano la caratteristica dominante dell’edificio.
La chiesa fu sede di un tempio cristiano fin dal V secolo, quando il vescovo Achilleo la consacrò a San Pietro, in occasione del trasferimento da Roma a Spoleto delle reliquie delle catene di San Pietro. Da allora la chiesa divenne luogo di sepoltura dei vescovi spoletini.
Interamente rimaneggiata tra il XII ed il XIII secolo, agli inizi del 1300 fu, in parte, distrutta da un incendio provocato dai contendenti delle fazioni guelfe e ghibelline.

Da allora la chiesa subì una serie di ristrutturazioni che, terminate alla fine del XVII secolo, lasciarono fortunatamente intatta buona parte della facciata medioevale.
Questa ci appare, in tutta la sua bellezza, alla sommità della scalinata seicentesca che conduce alla chiesa. È arricchita da 13 riquadri nei quali sono scolpiti altrettanti bassorilievi a carattere fortemente morale.
Non prenderò in considerazione i contenuti di tutti i bassorilievi, ma cercherò, attraverso un’analisi delle simbologie di due di essi, di illustrarne il carattere fortemente emblematico della mentalità medioevale e, spero, di stimolare la curiosità di coloro che vorranno avvicinarsi a questo tema.
Si tratta di due bassorilievi che si ispirano ai Bestiari medioevali.
I Bestiari erano quei testi che parlavano delle diverse specie animali, non con l’intento di descriverne le reali caratteristiche, ma per ricavarne insegnamenti morali e simbolici.
Gli artisti dell’epoca sarebbero stati perfettamente in grado di realizzare immagini di animali estremamente veritieri, eppure iniziarono a farlo solo sul finire del medioevo. Nei loro Bestiari, inserivano indistintamente animali reali (come il leone, il corvo o la volpe) e animali fantastici (come il drago o il basilisco), non preoccupandosi della verosimiglianza, ma solo del loro significato simbolico. Quindi un drago che, per l’uomo moderno, è sicuramente frutto di fantasia, per l’uomo del medioevo era vero, in quanto simbolicamente vero.
La volpe finta morta e i corvi

Il bassorilievo si trova alla destra del portale centrale (guardando la facciata).
La volpe fu considerata, per tutto il medioevo, un animale dalla forte connotazione negativa.
In primo luogo per il colore rossiccio del suo mantello. Il rosso – ed i colori simili – erano considerati colori demoniaci, simbolo d’ipocrisia e di tradimento, al punto da rendere spesso negativa anche l’immagine di un animale innocuo come lo scoiattolo.
Nell’Apocalisse di Giovanni, la ”Grande prostituta Babilonia”, indossava abiti di “porpora e rosso scarlatto” e cavalcava un mostro a 7 teste: “un rosso animale pieno di orribili vizi”. Il rosso è, inoltre, il colore del fuoco (emblema degli inferi) e del sangue. La leggenda riporta, inoltre, che la volpe – quando è affamata – si finge morta, sdraiandosi supina e trattenendo il fiato. A quel punto i corvi, ritenendola cadavere, le si posano sopra per divorarla e, allora, la volpe li ghermisce e li uccide. Anche Satana si comporta in tal modo: finge di essere ciò che non è per attirare gli uomini e divorarne l’anima.
Il leone combatte contro il dragone

Questo bassorilievo si trova sullo stesso lato del precedente, in posizione più bassa.
Sebbene la Bibbia parli spesso del leone, sottolineandone il coraggio, simbolicamente esistono un leone buono ed uno cattivo. Nell’Antico Testamento prevalse il secondo che, per la sua ferocia, fu paragonato alle forze del Male. Nel Medioevo, al contrario, prevalse l’aspetto positivo (evidente dimostrazione dell’enantidromia1 del simbolo): il leone divenne colui che mette il suo coraggio a disposizione del bene degli uomini e lo stesso suo ruggito fu emblema della Parola di Dio. Si riteneva, inoltre, che il leone dormisse ad occhi aperti, motivo per cui – oltre alla sua forza – veniva spesso posizionato all’esterno di edifici sacri (o, in generale, in luoghi che occorreva proteggere) come guardiano: un esempio sono i leoni stilofori2.
Il leone che risparmia la vita ad un nemico è simbolo della Misericordia di Cristo; inoltre si riteneva anche che fosse in grado di resuscitare i piccoli nati morti, con il solo fiato: divenne, così, anche rappresentazione della Resurrezione di Cristo.
Durante il Medioevo, ed anche oltre, il drago non era certo considerato un animale fantastico, ma entrava a pieno titolo – proprio per i suoi significati simbolici – nella categoria del reale.
Spesso veniva rappresentato come un grande serpente, con due o quattro zampe leonine e artigli da aquila. Sovente dotato di ali di pipistrello3 e ricoperto di scaglie durissime. Gli occhi erano generalmente piccoli e rossi ed il loro sguardo era paralizzante; la bocca, fornita di zanne. Questo modello iconografico rappresentò, per il simbolismo cristiano, una delle incarnazioni di Lucifero. Altre caratteristiche li accomunavano al diavolo. In primo luogo, l’immortalità: i draghi, infatti, non muoiono, al massimo si addormentano per lunghissimi periodi e, allora, è meglio non svegliarli (a meno che non si sia Santi o Eroi, gli unici in grado di sconfiggerli). Anche la loro abilità nel mutare colore, era ritenuta caratteristica diabolica. L’interno del suo corpo era, però, sempre e comunque rosso, come il sangue ed il fuoco.
Il drago, utilizzato embleticamente dalla Chiesa, è, in realtà, generato dalla fusione di diverse tradizioni: orientali, greco-romane, bibliche e germaniche. Inizialmente poteva essere sconfitto solo dagli Dei, in seguito dagli Eroi ( Artù, Sigfrido e Tristano) e dai Santi ( San Giorgio, San Michele).
Il significato del bassorilievo di San Pietro è, quindi, evidente: il leone-Cristo sconfigge il drago-Satana.
1 La possibilità di mutare il significato di qualcosa nel suo opposto.
2 In architettura, quei leoni che sorreggono una colonna, a sua volta sostegno dei protiri e dei pulpiti nelle chiese romaniche
3 Gli esseri diabolici erano spesso raffigurati dotati di ali membranose: i pipistrelli sono, infatti, animali notturni, quindi asssimilati al Maligno, proprio perché capaci di muoversi nelle tenebre. Per l’uomo del Medioevo l’assenza di luce, era intesa come “assenza di luce Divina”, lontananza da “Dio”.